Il manifesto
Ataque a Sudan (En la
fabrica sudanesa solo habia medicinas)
Nella fabbrica sudanese "c'erano solo medicine"
I n Sudan una fabbrica di medicinali, tanto
collusa con il terrorismo
islamico da ricevere commesse persino
dalle Nazioni
unite. In Afghanistan strutture per l'addestramento
militare costruite
con soldi americani durante la guerra
contro
l'occupazione sovietica e una casa dove
un tempo abitava la "primula
rossa" Osama bin Laden, il saudita che
in queste ore
sta rubando a Saddam Hussein la palma
di uomo più cattivo della terra.
Una ventina i feriti nell'attacco contro
l'impianto alla
periferia di Khartoum, la capitale sudanese,
mentre i missili cruise
esplosi in Afghanistan nella regione di
Khost e di
Islamabad avrebbero
fatto 26 morti, tra cui cinque pachistani
e 53 feriti. Questo è il
bilancio - per quanto riguarda la perdita
di vite umane non
certo definitivo - delle operazioni chirurgiche
via missile che gli Usa
hanno condotto a partire dalle loro navi
da guerra che
incrociavano nel Mar Rosso e nel Mar Arabico.
"Abbiamo inflitto danni considerevoli ai
campi dei terroristi", ha
commentato il consigliere Usa per la sicurezza
nazionale
Sandy Berger, ma il "loro" uomo, bin Laden
è ancora vivo e vegeto e
minaccerebbe azioni di rappresaglia contro
obiettivo
americani, sostiene il direttore del giornale
arabo con sede a Londra
al-Quds al-Arabi, che dice di avere raggiunto
per
telefono in Afghanistan un portavoce della
"primula rossa". Ancora ieri
bin Laden ha ribadito a un giornale pachistano
di
essere
"totalmente estraneo" agli attentati di
due settimane fa che hanno
ucciso 257 persone nelle ambasciate americane
di Kenya
e Tanzania. Eppure i talebani erano pronti
a consegnare bin Laden agli
Stati uniti se questi "avessero dimostrato
i suoi
legami con il terrorismo", ha detto alla
Cnn il rappresentante dei
talebani a New York, Noorulla Zadran.
Con le incursioni
di giovedì "hanno dato un terribile
esempio al resto del mondo". Alcuni
giornalisti che sono riusciti a raggiungere
la zona
dell'Afghanistan colpita dai missili hanno
visto crateri di circa dieci
metri di diametro. I cruise avrebbero
distrutto, tra gli
altri, il campo di Hakrat-ul-Mujaheddin,
dove si addestravano
guerriglieri musulmani del Kashmir. I
talebani, intanto hanno
scatenato la protesta dei lorosostenitori.
Hanno dichiarato uno sciopero
generale nella loro roccaforte, la città
di Kanfahar,
dove la folla ha invaso le strade cantando
slogan antiamericani. Alcune
migliaia di persone hanno saccheggiato
a Jalalabad
la sede dell'Onu, il cui personale era
già stato evacuato.
Le reazioni
Dimostrazioni anche nella città
pachistana di confine di Peshawar, dove
la polizia ha sparato per disperdere tremila
profughi
afghani che manifestavano contro i raid.
A Kabul, ieri mattina, è stato
ferito, ma non in modo grave, il tenente
colonnello
italiano Carmine Calò, impegnato
nella missione dell'Onu in Afghanistan,
colpito da un proiettile mentre attraversava
la città
su un auto delle Nazioni unite. L'episodio
ha convinto tutte le agenzie
dell'Onu e le Ong a evacuare il proprio
personale del
paese.
Nella regione soltanto il governo anti-talebano
dell'Afghanistam
capeggiato da Rabbani e tuttora riconosciuto
dall'Onu ha
espresso il suo appoggio alla prova di
forza Usa e alla "nobile
battaglia" contro il terrorismo. Anche
il Pakistan, alleato
regionale dell'America, ha preso le distanze
dai raid. Il primo ministro
Nawaz Sharif ha espresso la sua indignazione
per
telefono a Clinton, tanto più che
per arrivare a bersaglio, i missili
avrebbero sorvolato lo spazio aereo pachistano.
E
manifestazioni antiamericane hanno attraversato
tutto il paese da
Islamabad a Karachi. Il governo aveva
prima annunciato e
poi smentito la notizia che uno dei missili
fosse caduto sul suo
territorio.
Reazioni feroci ai raid arrivano anche
dal Sudan, dove la precisione
balistica americana ha raggiunto un risultato
a dir poso
imbarazzante. Ad essere colpita è
stata infatti la fabbrica Al Shifa,
specializzata nella produzione di medicinali.
L'impianto
aveva un contratto con l'Onu per produrre
medicine destinate all'Iraq,
nell'ambito del piano "petrolio contro
cibo" realizzato
(parzialmente) dalle Nazioni unite per
alleviare le terribili
conseguenze per la popolazione irachena
dell'embargo
internazionale.
L'Onu ha confermato ieri che farmaci di
quell'impianto - antimalarici e
farmaci per bambini - per un valore di
200.000
dollari sono stati consegnati nel gennaio
scorso all'Iraq con tanto di
timbro Onu. Il governo sudanese - che
accusa
l'America di avere sferrato l'attacco
non da navi al largo del Mar
Rosso, bensì da cinque cacciabombardieri
penetrati in
Sudan - ha deciso ieri di ritirare la
propria delegazione diplomatica
dagli Usa e di presentare un ricorso al
Consiglio di
sicurezza per chiedere che una
commissione d'inchiesta internazionale
compi un sopralluogo a Khartoum e
accerti la reale natura della fabbrica
colpita.
Per il momento, tuttavia, il COnsiglio
di sicurezza tace. Nessuno ha
sollevato la questione dei raid nella
riunione a porte
chiuse che si è svolta ieri, ha
detto il presidente di turno del
Consiglio, lo sloveno Danilo Turk. E il
Segretario generale
Annan ha rinnovato soltanto la sua "preoccupazione"
per i fatti di Sudan
e Afghanista, esprimendo la condanna per
il
terrorismo in tutte le sue forme. Non
tacciano invece i paesi arabi.
"Profonda inquietudine per attacchi che
minacciano la
sicurezza e la stabilità del Medio
oriente" è stata espressa da Mohamed
Ismail, il responsabile per gli affari
internazionali
della Lega "Gli attacchi tipo
Rambo non risolveranno mai il problema
del terrorismo internazionale -
ha dichiarato - e non sradicheranno mai
le cause
della violenza.". A Tripoli, in Libia,
il colonnello Gheddafi ha
personalmente diretto una manifestazione
di protesta.
Come combattere il terrorismo (islamico?) ricorrendo al terrorismo
L incursione militare americana sul Sudan
e l'Afghanistan - che non è
stata la prima e, come ci dicono, "non
sarà l'ultima" -
suggerisce un paio di considerazioni.
1 - Gli Stati uniti d'America, in quanto
potenza leader del mondo, ed
espressione massima della democrazia,
hanno il
diritto, oltre alla forza, di intervenire
ovunque siano "minacciati i
loro interessi", ovvero - più prosaicamente
- per
"rappresaglia" o per "vendetta"?
Se hanno questo diritto, hanno fatto benissimo
a bombardare il Sudan e
l'Afghanistan l'altro ieri e domani chissà
chi (i
bersagli non mancano). Come ha detto Clinton
alla nazione e poi
specificato il ministro della difesa Cohen,
"il messaggio è
chiaro: non c'è santuario per loro"
(i terroristi) e "non c'è limite
alla nostra determinazione a difendere
i nostri interessi, le
nostre idee contro
questi attacchi vigliacchi".
Il punto è che essendo gli Usa
l'ormai unica e incontrastata
super-potenza planetaria i loro "interessi"
e la loro "sicurezza
nazionale" tendono sempre più a
coincidere con i quattro angoli del
mondo (persino la derelitta Africa, e
gli effetti si
vedono).
Se si riconosce all'America il diritto
alla "rappresaglia" e alla
"vendetta" - sia pure in chiave contro-terrorista
(all'israeliana,
per intendersi) - allora i bombardamenti
sul Sudan e l'Afghanistan - e
gli altri che verranno - sono più
che legittimi, doverosi.
(Ma allora perché l'ambasciatore
Usa all'Onu, Richardson, ricorre al
pietoso espediente di scrivere al Consiglio
di sicurezza
per dire che la rete terrorista del temibile
Osama bin Laden "non ci ha
lasciato un'alternativa all'uso della
forza" e si appella
all'articolo
51 della carta delle Nazioni unite che
sancisce il diritto
all'autodifesa?.) E avrebbe anche ragione
il sottosegretario agli esteri
italiano Fassino che giudica la risposta
americana "prevedibile e
inevitabile" anziché protestare
- o almeno notare - per la
reiterata e teorizzata pratica terrorista
nella lotta al terrorismo
della prima potenza democratica del mondo.
Se al contrario non si riconosce agli Usa
questo diritto, bombardamenti
come quelli su Sudan e Afghanistan - stati
discutibili
e discussi ma pur sempre, in teoria, sovrani
- non possono essere
definiti alttrimenti che terrorismo. Del
tutto simile, se non
dal punto di vista tecnologico, a quello
praticato dai terroristi,
islamici o cristiani o ebrei, che hanno
piazzato le bombe a
Nairobi e
Dar es Salaam, e di cui dovrebbe occuparsi
- come ha detto il vecchio
Tony Benn alla Bbc richiamandosi alla
"politica delle
cannoniere" d'antan - il neonato (e forse
già morto) Tribunale penale
internazionale.
2 - Si discute molto, adesso, se il "Go!"
dato da Clinton ai suoi Rambo
sia solo un tentativo di distogliere l'attenzione
e la
pressione dallo stucchevole affaire fra
lui e Monica, o se invece sia
indipendente dal sexgate. Probabilmente
le due cose
vanno insieme e per quanto riguarda gli
effetti la differenza non è
molta. In un caso saremmo di fronte a
un uso
spudoratamente cinico del potere, sulla
base di quello che in America
chiamano "around the flag rally effect",
l'effetto del
richiamo della bandiera che dimostra anche
in questo caso di funzionare
se è vero che i sondaggi dicono
che l'80% degli
americani è d'accordo con i
bombardamenti. Nell'altro caso saremmo
di fronte a un uso politicamente
brutale, e ben noto, del potere. Che,
in entrambi i
casi, non servirà a smantellare
il terrorismo e anzi, di certo, renderà
gli "interessi" americani nel mondo sempre
più appetibili.